CORTE DEI CONTI RIGUARDO CLASSI DI LAUREA TRIENNALE E CLASSI DI LAUREA MAGISTRALEOGGETTO: DD.MM. 16.03.2007 (Prott. C.d.c. nn. 510 e 511 del 10.04.2007).
Classi di laurea triennale e classi di laurea magistrale.
In relazione ai suindicati provvedimenti si osserva quanto segue:
il disposto dell’art. 1 – c. 9 – non appare coordinato con la norma dell’art. 9 – c. 2 – del regolamento 270/04 che detta regole per la definizione dei requisiti strutturali dei corsi di studio, già individuati dal Ministro con i decreti 27.01.05, n. 15 e 23.03.06, n. 203.
La disposizione in argomento modifica i decreti attuativi dell’art. 9 – c. 2 – del regolamento senza alcun riferimento agli obiettivi e ai criteri della programmazione universitaria, ancora da definire ai sensi dell’art. 1 ter del d.l. 31.05.05, n. 7, convertito in l. 43/05.
Pertanto la disposizione in questione non dà contezza, nella sua applicazione generale, della disomogeneità delle istituzioni universitarie, le quali si distinguono in statali e non statali (comprese le telematiche).
Mentre per quelle statali il criterio della copertura di metà degli insegnamenti con personale strutturato di ruolo appare legittimo, per quelle non statali tale criterio non è condivisibile atteso che in base all’art. 29 del decreto delegato 11.07.1980, n. 382, questi ultimi soggetti sono legittimati a coprire gli insegnamenti anche con personale docente di altre istituzioni universitarie; tant’è che il predetto DM. 203/06 reca puntuali disposizioni derogatorie della disciplina generale (DM 15/05) proprio in ragione delle peculiarità organizzatorie di tali università non statali.
Il problema appare più significativo per le università telematiche, pur esse non statali, le cui modalità di insegnamento si connotano per l’utilizzo esclusivo delle tecnologie informatiche che non richiedono la tradizionale lezione frontale.
l’art. 4 – c. 2 – disciplina il numero massimo degli esami e valutazioni di profitto prescrivibile per il conseguimento dei titoli accademici. La disposizione ha indubbiamente carattere normativo anche perché incide sull’autonomia didattica degli Atenei e sulla programmazione didattica delle singole Facoltà. Essa non tiene conto della differenziazione dei corsi di studio afferenti le singole Classi, le quali presentano connotazioni disomogenee in termini di programmi di studio, di attività formative, di modelli di insegnamento e di vincoli.
Sotto tale ultimo aspetto molti corsi di laurea magistrale sono vincolati da direttive U.E. le quali prescrivono programmi didattici specifici e talora anche insegnamenti (Medicina e Chirurgia, Medicina veterinaria, Farmacia, Architettura, Odontoiatria).
Pertanto la disposizione andrebbe doverosamente ricondotta nella sedes materiae più opportuna e cioè inserita nel regolamento di cui al DM 270/04.
l’art. 7 – c. 2 – ( 8 – c. 2 – per le lauree magistrali) pur rivestendo carattere transitorio è ridondante alla luce dell’art. 4 – c. 2 – del reg. 270/04.
Nelle premesse dei decreti non viene data contezza degli esiti dei pareri espressi dal CUN, dalla CRUI e dalle competenti Commissioni Parlamentari, le quali ultime hanno subordinato il parere favorevole all’accoglimento delle osservazioni e condizioni formulate al riguardo.
In particolare:
– il testo dell’art. 1 – c. 9 – non tiene conto delle indicazioni provenienti dal CUN (parere espresso nell’adunanza del 4 e 5 ottobre 2006) e dall’Interconferenza dei Presidi (osservazioni ai decreti ministeriali relativi alle Classi di laurea presentate dall’Interconferenza in audizione alle Commissioni Parlamentari nelle sedute del 12 e 13 dicembre 2006). Essi chiedevano che il conteggio degli insegnamenti svolti da docenti strutturati di riferisse complessivamente alle lauree e alle lauree magistrali, piuttosto che, separatamente, a ciascuna delle due categorie di corsi;
– il testo dell’art. 4 – c. 2 – non considera l’osservazione del CUN, della CRUI e dell’Interconferenza di dichiarare esplicitamente che fossero escluse dal conteggio delle prove d’esame di cui al predetto comma le prove delle attività formative relative alla preparazione dell’esame finale per il conseguimento del titolo di studio, nonché quelle di cui all’art. 10 – c. 5 – del DM 270/04, e cioè:
a) attività formative autonomamente scelte dallo studente;
b) attività formative relative alla preparazione della prova finale e alla verifica della conoscenza di almeno una lingua straniera oltre l’italiano;
attività formative volte ad acquisire ulteriori conoscenza linguistiche, nonché abilità informatiche e telematiche, relazionali, o comunque utili per l’inserimento nel mondo del lavoro, nonché attività formative volte ad agevolare le scelte professionali, tra cui in particolare i tirocini formativi e di orientamento;
attività formative relative agli stages e ai tirocini formativi.
Appare, inoltre, indeterminato il meccanismo – pur indispensabile – di autocorrezione degli ordinamenti che lascia trasparire un vulnus all’autonomia universitaria e non chiarisce l’ampiezza e il ruolo del CUN (si veda art. 7 – c. 2 – nella Disciplina delle Classi di laurea triennali e art. 8 – c. 2 – nella Disciplina della Classi di laurea magistrali).
Come è noto, nelle università operano, oltre ai professori e ricercatori di ruolo, anche professori a contratto, italiani e stranieri. Orbene, anche tali docenti dovrebbero essere considerati ai fini della copertura dei crediti e ciò quando tali contratti sostanzino posizioni simili per rigore nella selezione e per impegno didattico e scientifico a quelle dei docenti di ruolo.
Poiché dall’art. 1, comma 9 dei decreti in esame sembrerebbe evincersi il ricorso solo a docenti di ruolo, si prega fornire chiarimenti in merito, considerato anche che il comma 96, lett. e), della citata legge n. 127/1997 sembrerebbe richiedere una specifica disciplina dei "professori a contratto".
Pur condividendo l’obbligo della motivazione del mancato riconoscimento di crediti, sembra che l’obbligo di riconoscere almeno il 50% dei crediti già maturati contrasti con la previsione del DM 509/1999, prima, e del DM 270/2004 poi, (concernenti, entrambi, l’autonomia didattica), che attribuiscono alla competenza della struttura didattica che accoglie lo studente in mobilità di "valutare e riconoscere, totalmente o parzialmente, i crediti dallo stesso acquisiti, presso altro corso di studio del medesimo Ateneo di altro Ateneo".
Appare quindi opportuno che codesta Amministrazione dia conto sia di quanto all’uopo previsto, sia del puntuale rispetto della norma regolamentare inserita nel DM n. 270/2004, nonché della non lesione dell’autonomia didattica in materia (cfr. art. 5, comma 5, DM n. 270/2004).
Pur concordando sul principio che i piani studio non debbano prevedere un numero eccessivo di esami, per evitare la parcellizzazione dell’attività formativa, sembra comunque che:
– la previsione di un numero massimo di esami sia in contrasto con l’autonomia degli Atenei: ogni università, infatti, dovrebbe poter scegliere il modello didattico da offrire agli studenti;
– la previsione di un tetto massimo di esami uguale per tutte le classi di corso di studi non tenga conto del fatto che esistono differenze fra le diverse classi di corso di studi e fra ordinamenti (triennio e biennio): per alcune classi di corso di studi possono essere più adeguati pochi esami, ciascuno di rilevante peso in termini di crediti, per altre (ad eccezione degli insegnamenti di base di primo anno) possono essere più adeguati esami il cui valore unitario in crediti non sia particolarmente elevato.
Appare, quindi, opportuno che in relazione all’art. 4, comma 2, dei decreti in esame, tale aspetto venga chiarito.
Si prega rispondere nei termini di cui all’art. 27, legge n. 340/2000.